"Per le leggi che hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti - ha sentenziato il procuratore del Lazio della Corte dei conti - va sollevata questione di legittimità costituzionale perché in difformità con quanto proclamato dai cittadini con il referendum del 1993".
Più che giusto e più che giusto, anche, l'affondo contenuto nella motivazione della sentenza. "Quelle leggi - ha tuonato il procuratore del Lazio della Corte dei conti - sono apertamente elusive e manipolative del risultato referendario facendo ricorso ad artifici semantici come il rimborso al posto del contributo e gli sgravi fiscali al posto di autentici donativi in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche". Una domanda, però, ai magistrati della Corte dei conti: ma come mai sono dovuti trascorrere ben 20 anni, da quel referendum popolare, prima che uno di loro si decidesse a prendere giustamente di petto quella clamorosa e spudorata manipolazione per mano dei partiti e della casta politica? Ora, comunque, la parola alla Corte costituzionale chiamata in causa. E, per la Corte costituzionale, "qui si parrà la sua nobilitate".
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