"""Italia, amore mio", la canzone presentata al "Festival di Sanremo" da Emanuele Filiberto di Savoia è stata giudicata quasi all'unanimità - come si può leggere su tutti i commenti dei siti internet - con il "pollice verso"".
Nessuna pietà, dunque, per il Fili. Che, d'altra parte, sembra proprio essersela andata a cercare. "Italia, amore mio"? si sono chiesti in massa. In effetti avrebbe potuto intitolare la sua canzoncina, più appropriatamente, "Italia, tesoro mio" visto che, appena due anni fa, voleva estorcerle, insieme con il babbino caro, 260 milioni di euro per i danni fatti loro patire dalla Repubblica. E visto che oggi, chissà come e chissà perché, la Rai ha deciso di strapagarlo come protagonista o comprimario di trasmissioni trash. Ma, poi, la faccia tosta. "Io credo sempre... nella giustizia e nel lavoro..." La giustizia che ha mandato assolto non solo una volta il suo genitore e il lavoro cui lui aveva sempre promesso di dedicarsi (allevando perfino oche e maiali in una fattoria in Umbria) e cui, invece, ha più proficuamente sostituito le sue incredibili comparsate televisive? E ancora: "Io soffro le preoccupazioni di chi possiede poco o niente.." Ah, sì? E con quanto ha contribuito, con il suo patrimonio miliardario, alle preoccupazioni e alle sofferenze dei "barboni", dei disoccupati, dei precari, dei terremotati? Ma non è tutto: "Io credo ancora nel rispetto e nell'onestà di un ideale..." Nel rispetto degli altri verso di lui, evidentemente, ma non nel rispetto - visto come continua a presentarsi - verso gli altri. E l'onestà di quale ideale? Quello suo di diventare una "superstar" televisiva o quello di qualche vecchio e nuovo nostalgico che vorrebbe tornare ai bei tempi di Casa Savoia? Ma basta, per carità. Solo un'ultima considerazione: la mancanza di una corona d'oro in testa non può essere giustificata da una patina di bronzo in faccia.
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