"Non è che servano le norme - ha detto sempre giustamente indignato, a proposito degli scandalosi casi "Expo" e "Mose", il "premier" Renzi - le norme ci sono. Il fatto è che ci sono, purtroppo, anche i ladri".
Verissimo. Come verissimo, tuttavia, è che manca, purtroppo, il controllo di decine di autority ed organismi anti-coruzione, tra nazionali e regionali, i quali esistono già da tempo. Come, per ricordarne soltanto qualcuno, l' "Avcp" (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, organico di sette esperti nominati dal Parlamento con un compenso personale di 196 mila euro l'anno, segretari, dirigenti e direttori generali con un compenso fino a 180 mila euro, più un buon numero di impiegati e di consulenti esterni), l' "Anac" (Autorità nazionale anti-corruzione), la "Responsabile alla prevenzione della corruzione", la "Responsabile della trasparenza", la "Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte in tema di trasparenza e di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione". Per non parlare dell' "Antimafia" e della Corte dei conti. Oltre che, nei casi specifici dell' "Expo" e del "Mose", il "Responsabile lombardo della prevenzione della corruzione e della trasparenza" e la "Sezione veneta di controllo di gestione, anti-corruzione e trasparenza". I quali tutti, chissà perché, non si sono mai accorti di nulla e nulla di anomalo hanno mai notato. Perché sempre al bar a prendere il caffé? O perché in ufficio c'erano, ma dormivano? Il "premier" Renzi non farebbe male a porsi anch'egli queste domande. Ma, forse, se l'è poste. Ed è per questo che, in attesa di rispondersi, ha rinviato ancora una volta il decreto con il quale affidare i poteri anti-corruzione al commissario Raffaele Cantone. Non si vorrebbe tuttavia che, nelle more, scoppiasse qualche altro scandalo clamoroso in qualche parte di questa Italia di sempre meno santi, poeti e navigatori e di sempre più tangentari.
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