"Nel processo che si sta occupando delle presunte trattative fra Stato e mafia - ha deciso il Presidente della Corte d'assise di Palermo - potrà essere ascoltato, come richiesto dai pubblici ministeri Di Matteo, Del Bene e Tartaglia, anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma non, tuttavia, sul contenuto delle telefonate intercettate avvenute tra lui e l'ex Ministro dell'Interno, Nicola Mancino".
Il Presidente della Repubblica, quindi, convocato in un'aula di Tribunale? Forse sì o forse no. Perché, ora, dipenderà dal taglio che verrà fatto sui 176 testi citati dalle varie parti processuali. Forse sì, cioè, se il Presidente della Repubblica non sarà fra i "tagliati" e forse no se sarà invece fra questi "tagliati". Resta l'impressione, comunque, che stia continuando l'inquietante partita a scacchi tra certa Magistratura e il Quirinale. Prima mossa: la richiesta di certi pubblici ministeri di ascoltare le telefonate registrate fra il Presidente della Repubblica e l'ex Ministro Nicola Mancino. Seconda mossa: la richiesta del Presidente della Repubblica, accolta dalla Corte costituzionale, di non ascoltare quelle telefonate registrate e di distruggerle. Terza mossa: la richiesta di certi pubblici ministeri di convocare il Presidente della Repubblica per interrogarlo a Palermo come teste. Quale sarà, ora, la quarta mossa? Se dovesse essere quella di non "tagliarlo" fra i testi chiamati dai pubblici ministeri, potrebbe anche delinearsi - pur se contro il Presidente della Repubblica - un minaccioso scacco al re. Uno scacco matto. Ma non matto nei più accreditati significati etimologici di "rimasto abbandonato al suo fato" o di "rimasto sorpreso in un'imboscata": matto nel significato - per non esagerare - di stravagante, bizzarro, magari mattacchione.
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