"Quando Ilda Boccassini è giunta, nel processo cosiddetto Ruby, alle sue conclusioni - è stato comunque notato - di getto, nei confronti di Silvio Berlusconi, ha pronunciato la parola "condanna" (come se fosse un giudice a sentenza), ma poi si è subito corretta e ha modificato in "chiede la condanna" (come deve correttamente fare un pubblico ministero)".
Non uno, dunque, ma due gli scivoloni nell'arringa di Ilda Boccassini: dopo il "lapsus" geografico e razzista su una Ruby "furba, di quella furbizia orientale propria della sua origine", il "lapsus" della condanna clamorosamente freudiana nei confronti di Silvio Berlusconi. Ilda Boccassini, per carità, potrebbe avere costruito correttamente il suo impianto accusatorio in riferimento ai "fatti Ruby" e ai connessi "fatti Cavaliere". Dovrebbe tuttavia attenuare la sua intransigente foga sovonarolesca e tenersi dentro i suoi rabbiosi sentimenti personali ogniqualvolta sia chiamata ad esercitare il suo ruolo terzo di magistrato. Per rispetto della legge, di imputati non condannati, ma anche di se stessa. Ad evitare, insomma, sospetti o, addirittura, accuse di "teoremi a prescindere".
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