"Lei - si è sentito dire il signor Francesco Guizio in un ambulatorio a Bari - non può fare queste analisi perché è morto e da ben sei anni". "Come morto, se sono qui?" "No, no, lei è morto: ce lo ha comunicato la Asl alla quale lo ha comunicato il Comune".
Ma l'incredibile non è finito qui. Perché, più o meno contemporaneamente, i parenti più prossimi del "morto vivente" hanno ricevuto, dall'Inps, una lettera cortese quanto perentoria: "Dovete restituirci quei 72 mila euro che abbiamo erogato al signor Francesco Guizio, in questi ultimi sei anni, in quanto il signor Francesco Guizio, come appurato in Comune, è morto appunto sei anni fa e noi non gli avremmo dovuto quindi niente". Come finirà ora? Finirà che il signor Francesco Guizio sarà riammesso burocraticamente tra i vivi, ma dovrà essere sua cura andarlo a dimostrare al Comune, alla Asl, all'Inps e a chissà quanti altri sta risultando morto. A sua cura, sì. Perché, in questa strana Italia, viene chiamato a rimediare la vittima e non l'autore dello sbaglio. L'autore dello sbaglio, in alcuni casi, viene anzi premiato, prima o poi, per un altro assurdo: quello degli scatti automatici per anzianità di servizio. Buono o cattivo che il servizio sia stato.
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