Benvenuti

"Fatti e misfatti" è una puntuale selezione di episodi e di protagonisti che in Italia - ma anche nel resto del mondo - si sono distinti, si stanno distinguendo o si distingueranno "in modo particolare" e che tuttavia sono stati, sono e saranno troppo spesso ignorati o sottovalutati dagli organi di informazione. Pane al pane, senza alcuna appartenenza politica, con il solo referente della verità. Una verità che potrà essere velata di una profonda amarezza o sostenuta da una feroce ironia, mai però intrisa di facile qualunquismo.

sabato 29 marzo 2014

Grande successo 1

"Dal primo aprile prossimo - hanno annunciato orgogliosamente da Palazzo Chigi - gli stipendi dei manager pubblici non potranno superare l'ammontare dello stipendio del primo presidente della Corte di cassazione e, cioè, 311 mila euro annui".
Il primo del mese prossimo, però, è famoso per i "pesci" scherzosi. E, in effetti, quanto avverrà quel giorno avrà tutti i connotati di un clamoroso "pesce d'aprile". Perché, ad essere tagliati in quella misura, saranno soltanto gli stipendi dei manager delle società pubbliche non quotate. Gli stipendi dei manager delle società pubbliche quotate (Eni, Terna, Poste italiane, Enel, Finmeccanica, Cassa depositi e prestiti e Ferrovie dello Stato), che sono poi quelli che "sforano" sfacciatamente i 311 mila euro annui, non solo avranno un ritocchino del 25% che li lascerà tra i 632 mila euro e i 4 milioni e 800 mila euro, ma il ritocchino andrà a valere per i manager prossimi venturi e non per quelli presenti. Paolo Scaroni (Eni) continuerà così a percepire 6 milioni e 400 mila euro annui, Flavio Cattaneo (Terna) 2 milioni e 335 mila, Massimo Sarmi (Poste italiane) 2 milioni e 201 mila, Fulvio Conti (Enel) 2 milioni e 163 mila, Alessandro Pansa (Finmeccanica) un milione e 94 mila, Mauro Moretti (Ferrovie dello Stato) 843 mila, Giovanni Gorno Tempini (Cassa depositi e prestiti) 788 mila. C'è da essere dunque orgogliosi, sì, mentre si comincia a studiare, addirittura, se tagliare, aumentandone la tassazione, i ricavi dai titoli di Stato. Quei titoli di Stato nei quali hanno investito anche, finché hanno potuto, i pensionati e le vecchine rimaste vedove. Davvero una vergogna. Ma, se il giovena Governo Renzi si vergognase almeno di tutto ciò, sarebbe già un bene e una speranza. Perché - come ha detto il saggio - la vergogna di un giovane è un buon segno.
.

Nessun commento: