"Una giovane mamma di due bambini - è accaduto a Mareno di Piave in provincia di Treviso - è potuta venire in possesso della diagnosi di tumore, speditale per lettera dall'ospedale dopo la visita, addirittura una ventina di giorni dopo. E, poi, non perché gliel'abbia recapitata il portalettere, ma perché lei si è rivolta ai carabinieri e sono stati i carabinieri a rintracciare, in mezzo a diversi metri cubi di posta inevasa, quella lettera indirizzatale dall'ospedale".
Già non è accettabile che, ormai da tempo, le Poste recapitino in ritardo perfino i bollettini che vanno pagati con precise scadenze e che, in questi giorni, stiano ancora arrivando gli auguri di Natale, ma come può essere accettabile che chissà quando sarebbe stata recapitata, senza l'intervento dei carabinieri, una lettera spedita da un ospedale? Come può essere accettabile che, a causa di un sempre più evidente disservizio nel recapito della corrispondenza, una giovane mamma debba ritardare l'inizio di una terapia come la chemio? Come sarebbe bello, oltre che giusto, se l'amministratore delegato di Poste italiane, Massimo Sarmi, la smettesse di investire in areoplani, svolgere funzioni da istituto di credito, vendere agli sportelli perfino i biglietti del "Gratta e vinci" e riconducesse l'ente che lui dirige, con uno stipendio oltretutto milionario, al suo vero ed unico ruolo istituzionale. Oppure, se non sa o non vuole farlo, se ne andasse a casa. Tanto, con la liquidazione che immeritatamente gli spetterebbe, potrebbe vivere senza lavorare, magari alle Maldive, felice e contento per cento e cento anni ancora. Come nei finali delle fiabe per bambini e, purtroppo, nella realtà per i "manager" pubblici italiani.
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