"Dal 2007 quotidiani e periodici hanno perso un milione di copie, la pubblicità è ai minimi storici - si è detto preoccupato Giulio Anselmi, presidente della "Federazione italiana editori giornali" - e, quindi, è urgente un intervento dello Stato".
Ma gli editori dei giornali non sono anch'essi imprenditori? Certo che sì. E, allora, perché lo Stato, se non è in condizione di aiutare gli imprenditori di altri settori, dovrebbe versare denaro pubblico agli editori di giornali? Il presidente Giulio Anselmi, invece di invocare la solita manna statale e di abbandonarsi al solito pianto antico, farebbe forse meglio a studiare come rinnovare la "formula giornale" per riacquistare i lettori perduti e come ridurre tante spese concretamente riducibili con una più moderna organizzazione e una più equa distribuzione di stipendi e di collaborazioni. Compito più difficile, certo, ma anche più responsabile e più dignitoso. A meno che alla "Federazione italiana editori giornali", pur di avere la solita manna statale, non faccia schifo passare per una casta scandalosamente privilegiata quanto vergognosamente accattona.
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