"Jeorg Asmussen - è giunta notizia da Berlino - è stato nominato, dalla riconfermata Cancelliera Angela Merkel, viceministro al Lavoro nell'Esecutivo della nuova "Grande coalizione"".
Ma non sarebbe, per l'Italia, una notizia di scarso rilievo? Lo sarebbe, se non ci fosse, sicuramente non per caso, un particolare nient'affatto di scarso rilievo. Jeorge Asmussen è stato infatti, fino a ieri, un uomo-chiave all'interno della Baanca centrale europea, ma - ecco il particolare nient'affatto di scarso rilievo - un convinto fautore dei pricipii economici del presidente Mario Draghi e un protagonista fortemente inviso ai fautori tedeschi del rigorismo senza mezze misure. Meglio quindi, versosimilmente, riportarlo a Berlino. E, ad occupare il suo posto a Francoforte, mandare di nuovo un "falco". Un "falco" che sarebbe stato individuato, già, nella persona della vicepresidente della "Bundesbank", Sabrine Lantenschlager-Peiter, stretta collaboratrice di quel presidente Jens Weidmann grande custode dell'ortodossia monetaria tedesca. Ma Jeorg Asmussen, il promosso a Berlino per essere rimosso da Strasburgo? "Za Befehl!" e, cioè, "agli ordini". Anche se ha cercato di far intendere di essere molto contento, di quel cambiamento, perché, tornato in famiglia a Berlino, potrà finalmente giocare a "Monopoli", senza la valigia in mano, con i suoi due figlioli.
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