"I "marò" Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - per improvvisa e imprevedibile nuova decisione del Governo - sono tornati in India".
Riassumendo. 1) Il Governo italiano aveva chiesto che i due "marò" venissero in Italia per le elezioni, l'India non si era opposta, ma - per precauzione - aveva chiesto ed ottenuto l'impegno dei due e del nostro ambasciatore che sarebbero poi tornati, massimo il 22 marzo, in attesa del processo. 2) Pochi giorni prima di questa scadenza, però, il Governo italiano aveva comunicato, all'India, che non avrebbe fatto tornare i due "marò" e che li avrebbe processati in patria. 3) L'India aveva reagito fermamente e aveva risposto con il divieto, per il nostro ambasciatore, di lasciare il Paese. 4) Ieri, inattesa, la decisione del Governo italiano di far ripartire i due "marò", per l'India, entro i termini concordati. 5) I due "marò", da oggi, sono stati lasciati di nuovo, increduli, alla mercé di giudici indiani i quali, finora, hanno fatto scontare loro circa un anno di detenzione pur senza un processo e una condanna. Un episodio del genere, che ha comportato una mancata parola data e poi rimangiata nei confronti dell'India e una mancata parola data nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - oltre che una figura da burattini davanti al mondo intero - avrebbe dovuto indurre alle dimissioni, almeno, i Ministri degli Esteri e della Difesa. Invece niente. Loro sempre lì. Senza vergogna. Contenti, soddisfatti e addirittura orgogliosi per avere avuto assicurazione dall'India che i due "marò", in caso di riconosciuta colpevolezza, non verrebbero condannati a morte. Perché nella civile India vige, ancora, la pena di morte. Da non credere. Tutto. Dall'inizio a tutt'oggi. In Italia e in India.
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