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"Fatti e misfatti" è una puntuale selezione di episodi e di protagonisti che in Italia - ma anche nel resto del mondo - si sono distinti, si stanno distinguendo o si distingueranno "in modo particolare" e che tuttavia sono stati, sono e saranno troppo spesso ignorati o sottovalutati dagli organi di informazione. Pane al pane, senza alcuna appartenenza politica, con il solo referente della verità. Una verità che potrà essere velata di una profonda amarezza o sostenuta da una feroce ironia, mai però intrisa di facile qualunquismo.

giovedì 24 dicembre 2015

In piedi, almeno, assassini

"Vedevamo gli americani, in Kosovo, e ci chiedevamo perché girassero bardati in quel modo. Sembravano marziani. Sembravano personaggi di quei film tipo "Virus". Avevano, per maneggiare i materiali, attrezzature di cui  noi non disponevamo... Dopo il Kosovo, al rientro dalla mia seconda missione questa volta in Eritrea, cominciai a leggere i giornali e mi si gelò il sangue. Era l'epoca in cui si iniziava a parlare dell'uranio impoverito. Speravo di non essere tra gli sfortunati. Invece, nel 2010, è toccato anche a me. E' partito tutto da un mal di orecchi e mi si è stravolta la vita... Ora ho mille pensieri che mi turbano la mente. Soffro perché sono troppo spesso senza forze e questo mi abbatte moralmenete, non sono quello che vorrei essere. Soffro per la caduta dei capelli. Soffro perché i vestiti mi vanno larghi, non mi piaccio. Soffro perché non riesco ad andare al supermercato perché ho voglia di mangiare cose che non posso e non potrò mai assaporare. Soffro perché non riesco a praticare lo sport che adoravo. Soffro perché non riesco a fare neppure delle semplici passeggiate perché subentrano i dolori e, in più, mi stanco... Ho paura di morire e non poter dare un futuro a mia moglie e alla mia figlioletta Marjan. Ho paura di morire prima di avere sistemato la maledetta burocrazia militare e civile".
In piedi responsabili delle Forze armate che non vi siete preoccupati di tutelare i nostri militari mandati in missioni all'estero e, quando hanno cominciato ad ammalarsi e a morire di tumore a causa dell'uranio impoverito nell'aria e nell'acqua non solo in Kosovo, non vi siete vergognati di coprire le vostre leggerezze assassine con il negare la possibilità di una connessione fra quell'uranio impoverito, quelle malattie e quelle morti. In piedi luminari della sanità che, per scarsa professionalità o per vile acquiescenza, avete autenticato quella mancanza di connessione. In piedi governanti di vari Governi che, approfittando delle bugìe certificate dai responsabili delle Forze armate e delle illustri ma taroccate perizie mediche, avete negato ogni assistenza e ogni risarcimento alle famiglie dei militari ammalati e perfino alle famiglie dei militari morti. In piedi tutti, tutti voi, e, almeno, qualche minuto di racoglimento. Perché quelle iniziali parole virgolettate sono le parole disperate di un altro militare, il primo maresciallo Gianluca Danise, 43 anni, una moglie e una piccola figlia, morto ieri per un tumore da uranio impoverito. Il 391°. Mentre ancora tremila militari - secondo l'Osservatorio militare di Domenico Leggiero - sono ammalati e stanno lottando per carcare di farcela. Domani sarà Natale e, forse, qualcuno accenderà le luci dell'abete, in casa del primo maresciallo Gianluca Danise, per la figlioletta Marjan. Ma la piccola Marjan, certo, chiederà "dov'è papà?"  Papà non ci sarà. Quelle luci non potrà vederle, anche lui, insieme a lei. Lui non potrà vedere più niente.  Nel buio, laggiù, dove lo hanno scaraventato i suoi assassini. I suoi assassini italiani, non kosovari.
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