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"Fatti e misfatti" è una puntuale selezione di episodi e di protagonisti che in Italia - ma anche nel resto del mondo - si sono distinti, si stanno distinguendo o si distingueranno "in modo particolare" e che tuttavia sono stati, sono e saranno troppo spesso ignorati o sottovalutati dagli organi di informazione. Pane al pane, senza alcuna appartenenza politica, con il solo referente della verità. Una verità che potrà essere velata di una profonda amarezza o sostenuta da una feroce ironia, mai però intrisa di facile qualunquismo.

mercoledì 2 febbraio 2011

Se adesso il giudice cerca i documenti nelle mutande...

"Tiri fuori queste benedette carte che il magistrato del Csm Matteo Brigandi le ha passato su quel "caso Bocassini" del 1982 - hanno pensato bene di consigliarle i carabinieri mandati a perquisire lei, la sua casa, i suoi computers e i suoi documenti - così facciamo presto e non ci si pensa più". "Ma io - ha ribattuto la giornalista Anna Maria Greco - non ho e non ho mai avuto carte passatemi dal magistrato Matteo Brigandi su quel "caso Bocassini" del 1982". "Cosicché - hanno riferito i giornali - la perquisizione è andata avanti e Anna Maria Greco è stata costretta perfino a denudarsi per dimostrare, ad un carabiniere donna in guanti di lattice, di non avere alcun documento nemmeno nel reggiseno e nelle mutande".
Per chi non ne fosse a conoscenza, il "caso Bocassini" del 1982 è quella denuncia a suo tempo sporta contro la nota magistrata in quanto sorpresa in "atteggiamenti imbarazzanti", in luogo pubblico, con un giovane giornalista, ma poi tranquillamente archiviata dal Csm di allora. Episodio che, ricordato sul suo quotidiano da Anna Maria Greco, ha suscitato l'immediata quanto violenta reazione partita dagli uffici di un pubblico ministero donna di Roma. E, a perquisizione infruttuosa eseguita, le immediate quanto legittime reazioni di condanna da parte dell'Ordine dei giornalisti e del mondo politico. Compresi due esponenti del Partito democratico. "Una perquisizione strana e preoccupante - ha detto l'onorevole Merlo - una brutta pagina per la democrazia". "Una perquisizione ingiustificata - gli ha fatto eco l'onorevole Gentiloni - che rischia di limitare la libertà di informazione". Ma c'è di più ed è strano che nessuno - magistrato, giornalista o politico - se ne sia ricordato. C'è che - dopo le famose sentenze Goodwin, Roemen e Tillak - l' Alta Corte di Strasburgo ha più volte ricordato che gli Stati nazionali sono obbligati ad adeguarsi ai suoi pronunciamenti e - in questo caso - ad evitare, per la tutela delle fonti di informazione, perquisizioni nelle redazioni e nelle abitazioni dei giornalisti. Ma allora? A questo punto, allora, almeno un magistrato dovrebbe avvertire il dovere - anzi l'obbligo - di intervenire penalmente nei confronti di quei colleghi i quali si sono sprezzantemente comportati - come altri in altre occasioni - in spregio ai pronunciamenti dell'Alta Corte di Strasburgo. Oltre che in spregio alla Costituzione italiana e alle italiche norme che garantiscono il segreto professionale dei giornalisti. Al rispetto dell'etica professionale e al principio dell'uguaglianza davanti alla legge. Insomma, ora, c'è qualche magistrato spinto a muoversi giustamente nei confronti di una sua collega che si è ingiustamente mossa? C'è un Csm pronto a prendere i provvedimenti che dovrebbero essere chiaramenete presi? L'augurio è che ci siano. Per non legittimare, se non altro, certi brucianti giudizi sulla Magistratura. La quale, se giustamente non vuole continuare ad essere indicata come un mostro - almeno in certi suoi settori e in certe circostanze - deve pur giustamente meritarselo. Sempre e "in toto".
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