Benvenuti

"Fatti e misfatti" è una puntuale selezione di episodi e di protagonisti che in Italia - ma anche nel resto del mondo - si sono distinti, si stanno distinguendo o si distingueranno "in modo particolare" e che tuttavia sono stati, sono e saranno troppo spesso ignorati o sottovalutati dagli organi di informazione. Pane al pane, senza alcuna appartenenza politica, con il solo referente della verità. Una verità che potrà essere velata di una profonda amarezza o sostenuta da una feroce ironia, mai però intrisa di facile qualunquismo.

martedì 25 gennaio 2011

Gli eroi e i non eroi di monsignore

"Matteo Miotto, il giovane caporalmaggiore ucciso, nella valle del Gulistan, da un falso soldato afghano - ha sentenziato monsignor Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova, dal suo pulpito casalingo personale - non può considerarsi un eroe perché era lì, insieme con i suoi commilitoni, con le armi in mano".
E no, un momento. Uno può essere d'accordo o meno con le missioni di pace là dove un Paese ha bisogno di ritrovare se stesso e la sua normalità. E, però, non può ipocritamente fingere di non sapere - come fa monsignor Antonio Mattiazzo - che anche una missione di pace, in un territorio dove il terrorismo la fa da padrone, ha necessariamente bisogno di armi per difendersi ove attaccata. Non può gesuiticamente fingere di non sapere che un conto è avere le armi in mano per uccidere e un conto è averle per non farsi uccidere. Non può duramente offendere un giovane colpito a tradimento mentre era lì con l'unico obiettivo dichiarato di collaborare a riportare democrazia, libertà, civiltà, fratellanza in un Paese allo sbando. Monsignor Antonio Mattiazzo, però, l'ha fatto. Poco o nulla civicamente e religiosamente. Senza tuttavia aggiungere che lui sarebbe andato invece disarmato a porgere l'altra guancia e a farsi assassinare dopo due minuti. Poteva andarci. Poteva andarci benissimo, magari come soldato di Cristo. Perché non c'è andato? Forse perché, dopo avere negato l'appellativo di eroe al caporalmaggiore "in armi", non gli sarebbe piaciuto farselo attribuire da morto disarmato. Meglio sentenziare da vivo dal suo pulpito casalingo personale che una medaglia al valore sulla bara. Monsignor Antonio Mattiazzo, in ogni modo, farebbe almeno bene a rileggersi, prima di emettere certe sue sentenze sulle missioni italiane di pace, quello che hanno saputo fare di davvero esecrabile un po' più in là dei nostri pacifici soldati in Afghanistan, durante le otto sante Crociate, certi nobili, cavalieri e soldati di ventura. A cominciare dall' "eroe" Gofredo di Buglione.
.
.

Nessun commento: