"Vorrei ritirare - dice, ad un impiegato allo sportello dell'Agenzia Unicredit in piazza Gentile da Fabriano a Roma, un vecchio cliente - un nuovo "carnet" di assegni". "Non posso darglielo - risponde l'impiegato - perché è stato necessario cambiare il nostro Iban, ci hanno ritirato i vecchi "carnet" e ce ne hanno consegnati pochissimi di nuovi tanto è vero che sono già finiti". "E allora?"
"Torni, allora, tra una settimana: dovrebbero avercene forniti degli altri".
Sempre meglio. L'Unicredit non è - con tutto il rispetto - la Banca di Canicattì, ma è una banca di dimensioni mondiali. E, dunque, è pazzesco che intanto non avverta in tempo i suoi correntisti della novità e poi che, quando i correntisti ignari si presentano agli sportelli, non sia in grado di fornirli dei loro "carnet" di assegni. Impedisca loro, cioè, di disporre liberamente del proprio denaro sul quale - come ben si sa - lucra già in modo abnorme. Ma, forse, tutto discende dai recenti ricambi al vertice dell'istituto. Mandato via Profumo, non c'è più profumo di Unicredit. E nemmeno, evidentemente, di chi dovrebbe controllare il buon andamento dell'organizzazione, perfino la più semplice e la più scontata. La cui faccia e il cui "curriculum" professionale sarebbe davvero interessante conoscere. Anche per sapere se Unicredit sta trasformandosi da banca a bancarella.
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