"Apriamo questo sito web - ha lanciato il messaggio la coppia americana Alisha e Pete Arnold - perché ci diciate se dobbiamo tenere il bambino in gestazione da quattro mesi oppure ricorrere all'aborto".
Sulla liceità e sulla libertà di ricorrere all'aborto si possono avere, per carità, idee e convinzioni le più disparate ed opposte. Ma sulla opportunità, soprattutto etica, di ricorrerci o no solo dopo avere conosciuto il risultato di un sondaggio, un referendum, una sentenza via internet l'impressione, se non la certezza, è che si stia perdendo il senso della realtà reale e si stia precipitando nell'incognita di una realtà virtuale che tutto sembra ormai avvolgere e circondare. Ma, anche, l'impressione, se non la certezza, che sempre più umanità stia perdendo le sue sicurezze, il coraggio delle sue determinazioni e delle sue scelte. E vada sempre più navigando, non solo su internet, in un mare piatto e nebuloso, senza luce e calore di alcun sole, senza indicazione di alcuna stella polare. Al di là di tutto, comunque, resta il fatto desolante e sconvolgente: l'esserino nel ventre della confusa Alisha saprà soltanto da anonimi e sconosciuti navigatori di internet se il suo destino sarà quello di nascere oppure no: mamma e papà, la sua mamma e il suo papà, non sono stati capaci di decidetrlo, coscientemente e responsabilmente, da soli. E, perciò, ci hanno indetto su un referendum.
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