"L'Italia - ha scritto, a proposito della sentenza nei confronti di Amanda Knox e di Raffaele Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher, l'autorevole "New York Times" - è un Paese feudale, barbaro e incivile... La giustizia italiana di oggi è simile a quella che condannò Giovanna d'Arco al rogo".
All'autorevole "New York Times", fatto salvo il suo diritto di commentare come meglio crede la recente sentenza di Perugia, farebbe bene, tuttavia, un semplice ripassino della storia: Giovanna d'Arco, in verità, fu arrestata - il 23 maggio 1430 a Campiègne - da Giovanni di Lussemburgo, fu trasferita - nel novembre dello stesso anno - dalla prigione francese a quella inglese, fu trascinata - poi - a Rouen, fu processata - dal 9 gennaio al 30 maggio 1431 - da un Tribunale ecclesiastico presieduto dal vescovo di Beauvais (Pierre Cauchon), fu abbandonata a se stessa dal re Carlo VII (che pur aveva tirato fuori dai guai, più volte, sui campi militari francesi), sostenne con coraggio e coerenza eccezionali i pur duri interrogatori, fu sottoposta ad una prigionìa estrema (sempre in Francia) e (sempre in Francia) fu alla fine arsa viva sul rogo. Insomma, per usare il linguaggio nè americano, nè francese nè italiano di Antonio Di Pietro, "che c'ha azzeccato" e che "c'azzecca", con la giustizia italiana di ieri e di oggi, la condanna di Giovanna d'Arco?
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