Benvenuti

"Fatti e misfatti" è una puntuale selezione di episodi e di protagonisti che in Italia - ma anche nel resto del mondo - si sono distinti, si stanno distinguendo o si distingueranno "in modo particolare" e che tuttavia sono stati, sono e saranno troppo spesso ignorati o sottovalutati dagli organi di informazione. Pane al pane, senza alcuna appartenenza politica, con il solo referente della verità. Una verità che potrà essere velata di una profonda amarezza o sostenuta da una feroce ironia, mai però intrisa di facile qualunquismo.

domenica 1 marzo 2009

Fatti e misfatti di Febbraio


Eluana nella bara, loro a brindare

“Eluana, morta lunedi 9 febbraio, era ancora lì, nella camera ardente, quando mercoledi sera – è trapelato tra le strette maglie del segreto mediatico – l’avvocato della famiglia Englaro, Giuseppe Campeis, ha organizzato una cena per ringraziare i giornalisti mostratisi “vicini e collaborativi” nella triste vicenda”.
Neppure, dunque, uno spuntino, un aperitivo così. No: una cena con tutte le regole, protrattasi fino a tarda notte, per poco non a ridosso dei funerali di Eluana da celebrarsi il giorno dopo. Una cena, per la precisione, a base di orzotto con fagioli, cjarson, lombata di cervo e, naturalmente, spumante con cui brindare. Una cena cinica, irriguardosa, ma accettata e gradita. Anche se, infischiandosi questa volta del tanto sbandierato diritto-dovere di riportare tutti i fatti e tutta la verità, i giornalisti commensali non ne hanno scritto una riga. Prosit. E l’eterno riposo alla povera Eluana.

Moniti santi, ma parziali
“Ai più deboli – ha ammonito il Presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco – non si possono togliere cibo e acqua”.
Lui, il cardinale Bagnasco, ha lanciato questo monito in riferimento alla “vicenda Eluana”. E ognuno, secondo coscienza, può naturalmente assentire o dissentire. C’è chi, però, avrebbe piacere di sentire un simile monito anche in riferimento a quanti tolgono giorno dopo giorno, cinicamente e sistematicamenete, cibo e acqua – ad esempio – a decine e decine di migliaia di innocenti bambini africani.

Cavalli e somari
“Silvio Berlusconi – ha scritto Massimo Giannini, vicedirettore di “Repubblica” – può anche candidare il suo cavallo, come fece Catilina”.
Catilina? Ahi, ahi, ahi dottor Giannini: a candidare il suo cavallo non fu il pur “chiacchierato” patrizio Catilina, ma lo “strambo” imperatore Caligola. Caligola, dottor Giannini. Con la speranza che a nessuno venga in mente oggi, dopo quasi duemila anni, di candidare un suo somaro.

Se anche la Giustizia viene stuprata
“Alexandru Loyos Iszoika – aveva sentenziato, il 18 luglio scorso, il giudice onorario del Tribunale di Bologna Mariangela Gentile – nonostante i suoi tre precedenti arresti e le due condanne già a suo carico, non va espulso… Non va espulso perché i fatti a lui addebitati non appaiono sufficienti a integrare l’ipotesi della minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona e dell’incolumità pubblica”.
Alexandru Loyos Iszoika, così, è rimasto tranquillamente a delinquere in Italia e, il giorno di San Valentino, ha addirittura pensato bene di festeggiare stuprando una ragazzina di 15 anni e picchiando il suo fidanzatino nel parco romano della Caffarella. E, dunque, alla faccia della sua “non minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona e dell’incolumità pubblica. E, anche, alla faccia esterrefatta di tutto il popolo italiano il quale – di fronte alle terribili conseguenze di quella sentenza del giudice onorario Mariangela Gentile – si è dovuto sentire dire, dal presidente del Tribunale di Bologna Francesco Scutellari, che tutti i magistrati del suo distretto si sarebbero comportati allo stesso modo. Tutto ok, dunque, tutto normale. Tutto giusto, tutto ineccepibile, tutto condivisibile. Ma, se il “benemerito delinquente” Alexandru Loyos Iszoika avesse stuprato una delle loro figlie?

Michele uno e due
“Michele Emiliano, che si ripresenterà alle prossime amministrative per la carica di sindaco di Bari – è giunta notizia dalle Puglie - ha deciso di inserire, nella sua lista elettorale, anche Alberto Savarese”.
Savarese – mormorerebbe tra sé don Abbondio – chi era costui? Ecco, appunto, chi era costui? Era, nientemeno, uno che fu arrestato, poi scarcerato, ma tuttora in attesa di giudizio per associazione mafiosa, concorso in tentato omicidio e detenzione illegale di armi. Non solo. Uno per il quale, circa otto anni fa, proprio l’allora magistrato ed oggi riaspirante sindaco Michele Emiliano aveva chiesto l’arresto. Due, a questo punto, le circostanze – eufemisticamente parlando – strane. La prima: Michele Emiliano, circa otto anni fa, aveva chiesto ad Alberto Savarese di entrare nella lista dei detenuti in attesa di giudizio e oggi, invece, gli chiede di entrare nella sua lista elettorale. La seconda: la lista elettorale di Michele si chiama “I moderati per Emiliano” e allora, come direbbe Tonino da Montenero di Bisaccia, “che c’azzecca” uno come il Savarese in una lista cosiddetta?

Antonio e Marya
“La Procura della Repubblica di Roma – è stata data orgogliosa notizia – ha esaminato immediatamente la denuncia presentata contro Antonio Di Pietro per oltraggio al Capo dello Stato e solo dopo tredici giorni ha deciso per l’archiviazione”.
Complimenti. Complimenti vivissimi alla Procura della Repubblica di Roma per la sua inusitata velocità di giudizio. E ad Antonio Di Pietro per il suo negato reato di oltraggio. Nessun complimento, invece, a quel giudice per le indagini preliminari che ha sul tavolo, dal luglio dello scorso anno, il fascicolo che vede protagonista Marya, una ragazza gettata dal sesto piano durante un tentativo di stupro, rimasta due mesi in coma, ora costretta in carrozzella e da cinque mesi nel terrore di essere di nuovo aggredita. Sì, perché l’affaccendato giudice per le indagini preliminari non ha trovato, fino ad oggi, il tempo di sentire Marya, farsi ufficializzare quanto le è capitato. E, dunque, il tempo di rinviare a giudizio i protagonisti di quel terribile episodio. I quali, naturalmente, continuano a trascorrere le loro giornate in tutta libertà e in tutta tranquillità. Nel dubbio, magari, se approfittare per squagliarsela all’estero o per dare una “meritata” lezione alla poveretta che ha osato denunciarli. Nelle aule giudiziarie, intanto, continua a campeggiare il motto “La legge è uguale per tutti”.

Il chi è del farabutto
“E’ un farabutto – si è indignato l’ondivago Clemente Mastella – chi va dicendo che la mia candidatura alle europee nella lista del Partito della libertà è la ricompensa di Berlusconi per il mio contributo alla caduta del Governo Prodi”. “Il fatto che ci si allei con Mastella – ha però esternato il coordinatore di Alleanza nazionale, Ignazio La Russa – è un debito di riconoscenza nei suoi confronti”.
Ma allora, secondo l’ondivago Clemente Mastella, Ignazio La Russa sarebbe un farabutto?

Senza Dio, senza Codici, senza vergogna
“Ora mi chiedo – ha scritto all’Italia, dall’ospitale Brasile, l’ex terrorista Cesare Battisti – se non sia giunta l’ora del perdono cristiano”.
Per la Chiesa cattolica, il cui perdonare è uno dei precetti basilari, può darsi che l’ora sia giunta. E qualche eminenza potrebbe anche, uno di questi giorni, confermarlo. Ma per tutti gli altri? Soprattutto per i parenti delle vittime di quel terrorismo di cui Cesare Battisti è stato uno dei protagonisti? Forse Cesare Battisti sarebbe stato più credibile – e più meritevole – se, prima di chiedere questo perdono cristiano, avesse mostrato un suo cristiano pentimento. Ritirandosi, magari, dentro una grotta del Mato Grosso e non frequentando certi scintillanti salotti di Rio. Con una pelle di iena addosso e non con lussuosi vestiti “casual”. Vivendo di erbe e di vermi e non di succulenti desinari un po’ ovunque. Circondandosi di poveri diseredati e non di ricchi “radical chic”. Meditando sull’inusitato Vangelo e non sui soliti testi rivoluzionari. E, meglio ancora, con un cilicio di spine, il cui male gli ricordasse sempre il tanto male fatto agli altri. Anche se, fino ad oggi, impunemente. E domani chissà.

Non c’è più religione
“A Warrington Bank Quai – hanno pubblicato le gazzette inglesi – chi si baciasse alla stazione sarebbe punibile con una multa”.
Incredibile. Sarebbe – con tutto il rispetto – come se, nell’entrare in chiesa, uno fosse multato per farsi il segno della croce.

Rosy la strana
“Se fossi uomo – ha confessato la catto-comunista Rosy Bindi – mi sarei già fatta prete”.
Legittima, allora, una domanda: essendo invece una donna, perché non si è già fatta suora?

Madre Valeria dei Parioli
“Vorrei essere – ha confidato in una intervista la “showgirl” Valeria Marini – come madre Teresa di Calcutta”.
E chi glielo impedisce? Dipende soltanto da lei.

A chi Dante? A noi
“Allenza nazionale – si è saputo – ha stilato l’elenco dei suoi “padri spirituali” e, fra questi, ha inserito anche Dante Alighieri”.
Tradizionale audacia e sprezzo del pericolo. Perché, eventualmente non gradendo, l’irascibile Alighieri – Divina commedia o non Divina commedia – potrebbe mandarla, dritta dritta, all’inferno.

Il bravo Antonio
“Cerco – ha annunciato Antonio Licosi, il poco famoso “Mister prezzi” – una nuova esperienza”.
Bravo. Bravo e responsabile, visto che nella sua vecchia esperienza non è riuscito a farci risparmiare neppure un euro. Anzi.

Marrazzo a San Valentino
“Il Governatore del Lazio, Piero Marrazzo – hanno denunciato i sindacati – ha speso 72 mila euro per festeggiare San Valentino in una manifestazione all’Auditorium di via della Conciliazione”.
Non risulta che abbia speso neppure un euro, invece, per festeggiare almeno San Valentino – nelle da lui sempre più risicate strutture sanitarie della regione – con i malati e con i ricoverati sempre più tartassati, oltretutto, dai suoi “tickets”.

Se manca il requisito
“Scrive belle canzoni d’amore e in arte si chiama Dente – hanno rivelato le cronache – ma non è stato accettato al “Festival di Sanremo”.
Normale: il nome d’arte Dente sarebbe pure andato bene. Il fatto che lo ha danneggiato è che non fosse un Dente canino. Nel senso di Dente cantante canino.

Nessun commento: