"Antonio Esposito - il presidente di sezione della Cassazione che nell'agosto 2013, subito dopo avere condannato Silvio Berlusconi per l' "affare dei diritti tv", si precipitò, prima ancora di scrivere la sentenza, a rilasciare una intervista anticipatoria al quotidiano "Il Mattino" - non ha ricevuto neppure il solito benevole buffetto che è solito elargire il Consiglio superiore della magistratura, ma, addirittura, una giustificazione singolare del suo operato".
"Vi sono stati attacchi, da parte della stampa, suscettibili di compromettere l'onore di Antonio Esposito - ha motivato, tra l'altro, il Consiglio superiore della magistratura - e questi ha fatto ricorso all'intervista per ristabilirlo davanti all'opinione pubblica... L'antigiuridicità della sua condotta va esclusa, in ogni caso, per avere egli commesso il fatto in presenza delle cause di giustificazione dello stato di necessità e dell'adempimento di un dovere". Come incredibilmente dire: non ha commesso alcun illecito e, se lo ha commesso, lo ha fatto per tutelare il suo onore. Come non ri riconosce mai, però, ad un cittadino qualunque. Ma dove il Consiglio superiore della magistratura ha aggiunto una chicca alla sua decisione è là dove rileva che, certo, Antonio Esposito avrebbe potuto comunque limitarsi a sporgere querela contro quanti avesse ritenuto lo avessero diffamato, ma avrebbe dovuto però aspettare i tempi lunghi della Giustizia. Il cittadino qualunque, anche in questo caso, può insomma aspettare anche per decenni i tempi lunghi della Giustizia. Ma Antonio Esposito, no, non avrebbe potuto aspettarli. Non avrebbe potuto aspettarli - che diamine - Sua eccellenza Antonio Esposito. Sempre perché continua a leggersi beffardemente, nelle aule di Giustizia, che la legge è uguale per tutti.
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