Aminje Cheraouaqi - un marocchino di 27 anni condannato, a otto mesi e venti giorni di detenzione, per furto e resistenza - una volta scontata la sua pena, è stato poi rimesso in galera, per gli stessi reati già scontati, e a nulla è valso che lui lo avesse fatto presente".
Episodio allucinante. Ma più allucinante è che, venuta alla luce ad un certo punto la verità e venendo il giovane marocchino scarcerato, non solo nessuno gli ha perlomeno chiesto scusa, ma il pubblico ministero dell'Ufficio esecuzioni della Procura di Milano se n'è uscito con il dire che quel "surplus" di detenzione avrebbe potuto fargli comodo per qualche altra condanna. Come se lui sapesse, da Sibillo cumano, che il giovane marocchino avrebbe commesso certamente nuovi reati e sarebbe stato condannato ancora al carcere. E come se non sapesse, sembrerebbe da "ciuccio di ritorno", che il diritto italiano fa letteralmente a pugni con una tesi quale la sua. Quel pubblico ministero dell'Ufficio esecuzioni della Procura di Milano, magari, sarà invece uno di quelli che si oppongono alla riforma della Giustizia e al principio della responsabilità civile dei giudici "molto così".
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