"La "nuova scuola" - ha confermato il "premier" Renzi - non nascerà più da un decreto del Governo, ma, dopo un dibattito in Parlamento, da un disegno di legge".
Uno dei fiori da mettersi subito all'occhiello dal "premier" Renzi, dunque, chissà quando, a questo punto, sboccerà. Ma come mai questo cambiamento nel vivaio di Matteo? Lui l'ha giustificato con la necessità di alimentare la difficile pianta con abbondanti annaffiature di dibattito democratico in Parlamento. E di non voler stressare troppo, con i suoi decreti, il mite inquilino del Colle cui tanto cara è la quercia della Carta costituzionale. La verità, però, sembrerebbe essere ben altra. Il "premier" Renzi avrebbe rinunciato al suo decreto perché non sarebbero stati trovati i tre miliardi, per il 2015 e per il 2016, necessari a finanziarlo. Non solo: ma anche perché sarebbe emerso che non ci sarebbero stati più i tempi, ormai, per l'assunzione delle decine e decine di migliaia di precari prima dell'inizio del nuovo anno scolastico e, quindi, meglio addosare la responsabilità al tradizionalmente più lento iter parlamentare. Senza contare, infine, la divergenza di vedute sugli sgravi fiscali per le scuole paritarie, con l'alleato "Nuovo Centro Destra", proprio all'avvicinarsi delle elezioni regionali parziali. Un'altra abile mossa, insomma, del furbo Matteo. Preparata in tempo per poter dire, quando i nodi sulla scuola rimasta vecchia verranno inevitabilmente al pettine, "Chi, io? Colpa loro". Con le decine e decine di migliaia di precari i quali hanno ripreso a tremare.
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