"Fino ad ora - è comparso l'avvertimento sulla rivista "on line" dell'autoproclamatosi Stato islamico - ci avete visto su una collina della Siria, ma adesso siamo a sud di Roma".
I terroristi dell'Isis, in effetti, hanno conquistato anche buona parte della Libia e, se dovessero impadronirsi totalmente perfino della capitale Tripoli, sarebbero da Lampedusa, ultimo lembo d'Italia, ad appena 330 chilometri di distanza. E cioè, in linea d'aria, a circa 500 a sud di Roma. Ma il "premier" Renzi che fa? Dice ai suoi allarmati Ministri degli Esteri e della Difesa "state sereni" e continua a cercare di svegliare l'Onu e la Nato. I quali, una volta desti, non è che faranno di corsa una doccia di pur ritardata determinazione: indosseranno gli abiti da cerimonia, qualcuno con tante medaglie, scenderanno per una prima colazione di salatini, di dolcetti e di lavoro, stileranno un tranquillo programma di incontri successivi e, finalmente, cominceranno ad interrogarsi su che cosa sia meglio fare per arrestare il terribile "pericolo Isis". Solo che il terribile "pericolo Isis" non contempla tempi, modi e tradizioni della diplomazia - anche la meno "soft" - dell'Occidente. Loro, i terroristi, non dormono, non si lavano, non devono indossare abiti da cerimonia, managiano dove e quando capita, hanno chiaro il programma da portare a termine e non devono interrogarsi su che cosa sia meglio fare per conquistare l'Occidente. Ecco, dunque, il pericolo: che la rivista "on line" dell'autoproclamatosi Stato islamico, mentre la dipolomazia occidentale anche meno "soft" sta ancora lì a scontrarsi sul come si debba agire, lanci la notizia che i suoi terroristi adesso sono sempre, sì, a sud di Roma, ma questa volta a Latina. Latina che, da Roma, è solo ad ottanta chiloetri. E, allora, "state sereni" il cavolo.
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