"Se volete che io lasci - così Matteo Renzi duro, in Direzione, con le minoranze pd - convocate un Congresso e, se possibile, vincetelo. Se volete che scinda il ruolo di "premier" da quello di segretario del partito, proponete una modifica al regolamento e votiamola".
Con tanti saluti, dunque, a chi si era illuso su un Matteo più conciliante e più malleabile. Roberto Speranza ha perso ogni speranza di farsi almeno sentire, Gianni Cuperlo è rimasto con in mano il suo invito a scoprire finalmente un po' di modestia, Pierluigi Bersani si è visto snobbare la sua mucca nel corridoio del Nazareno, Massimo D'Alema è rimasto seduto e muto, Fabrizio Barca si è sentito in dovere di dimettersi da quella Commissione sulla riorganizzazione del partito che si era insediata due anni fa. Ancora una volta e ancora di più, perciò, nel Pd un uomo solo al comando. Sicuro di sé fino alla strafottenza e all'arroganza. Che ha mostrato di infischiarsene tranquillamenete quando si è sentito dire "se continui così, vai a sbattere tu e mandi a sbattere anche il Pd". Lui, infatti, continuerà così. Lo ha detto più che chiaro e tondo. E non sembra avere alcuna intenzione di cambiare idea, atteggiamento, comportamento. Come è stato per Silvio Berlusconi, forse, anche lui si sente "unto dal Signore".
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