"Se l'intercettazione (disposta dal magistrato) serve a dimostrare la responsabilità penale dell'indagato e poi dell'imputato - ha chiarito, in una intervista a "Sky Tg24", Nicola Grattieri, chiamato a lavorare per una giusta regolamentazione della materia - può essere riportata integralmente nell'informativa, nella richiesta e poi nell'ordinanza di custodia cautelare. Se questa invece non serve, non si deve trascrivere, non deve essere inserita là dentro"
Più che giusto. E finalmente. Lascia perlomeno perplessi, tuttavia, quest'altro passo dell'intervista: "Se poi, sottobanco, un pubblico ministero o un ufficiale di polizia giudiziaria la dà (questa intercettazione che non serve) ai giornalisti, chi la pubblica risponde di un reato perché questa pubblicazione non avrebbe dovuto fare". Lascia perlomeno perplessi per due motivi non da poco. Il primo: come potrebbe sapere esattamente un giornalista, se l'intercettazione fornitagli sia servita o no alle indagini? Il secondo, ancora più grave: perché, nel caso di "spiffero" dell'intercettazione (servita o no alle indagini) viene previsto un reato a carico del giornalista che la pubblica e non, soprattutto, a carico del pubblico ministero o dell'ufficiale di polizia giudiziaria che gliela forniscono? Forse, a quest'ultima domanda, la risposta non confessata potrebbe essere: perché la casta dei magistrati è più potente ed intoccabile della casta dei giornalisti. Alla faccia, come sempre, della Giustizia uguale per tutti. E anche per tutte le caste.
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