"La Costituzione - all'articolo 97 - sancisce che agli impieghi pubblici si acceda mediante concorso. Ma l'Agenzia delle entrate, da quando è nata nel 2001, di concorsi non ne ha indetto neppure uno e, così, due terzi della sua dirigenza sono stati promossi, senza procedure pubbliche, a discrezione dei capi".
La Corte Costituzionale, anche se con 14 anni di ritardo, ha dunque giustamente sentenziato - nel marzo scorso - che i dirigenti così illegalmente promossi dovessero essere considerati decaduti. Sono decaduti? Nemmeno per sogno. Il Governo, anzi, ha già fatto approvare, in Commissione al Senato, un emendamento alla legge sugli Enti locali con cui, serenamente, si sterilizza la giusta sentenza della Corte Costituzionale. Con il risultato che i dirigenti da far decadere rimarranno invece ai loro posti, e con i loro stipendi, finché, fra un anno e mezzo, verrà finalmente indetto il primo legittimo concorso pubblico. Un contribuente così, se commette anche un minimo errore, viene perseguitato dall'Agenzia delle entrate. Ma l'Agenzia delle entrate, se viola la Costituzione, non viene perseguitata da alcuno. Viene aiutata, anzi, a sopravvivere nella illegalità. C'è da chiedersi, ancora una volta, ma che Paese è l'Italia?
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