"Le "slot machine" - così nella "Legge di stabilità - dovranno subire un taglio, in quattro anni, del 30%. Scendere, cioé, dalle esistenti 378.109 a 264.676".
Ok? Niente ok. Perché prima i concessionari se ne sono usciti con il dichiarare che loro avevano nei magazzini circa 46 mila "slot" e che, dunque, il conto non andava fatto solo sulle 378.109 in esercizio, ma anche sulle quelle 46 mila circa in magazziono. E, perciò, su circa 424 mila in totale. E perché poi, dopo una danza contraddittoria di circolari e di controcircolari, l'Agenzia delle entrate - mettendosi incredibilmente sotto i piedi, addirittura, la decisione del Parlamento - è arrivata a stabilire che le "slot" sulle quali dovrà calcolarsi il taglio del 30% in quattro anni saranno, alla fine, 418.210. Non solo: a stabilire, anche, che il taglio sarà spostato a partire dal primo gennaio del prossimo anno. Per tutto il 2016, dunque, resteranno ancora in vita, tranquillamente, quelle 418.210 "slot", il 10% in più rispetto allo scorso anno, una ogni 143 italiani. Altro, dunque, che 265 mila, al massimo, entro il 2019, una ogni 225 italiani. Ma di che cosa meravigliarsi? Questa è l'Italia, questo il Governo che si fa mettere i piedi sopra dall'Agenzia delle entrate, questa la forza delle "lobby". Della "lobby", in questo caso, che è arrivata ad incassare - oltre che con le "slot machine, con i "poker on line" e con le scommesse - sui 17-18 miliardi l'anno. Di cui 9 "girati", per imposte, allo Stato. Quello Stato che, alla fine dei giochi, resta - come lo hanno giustamente definito, sul "Corriere della sera", Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella - il primo vero biscazziere. Con un Matteo Renzi il quale, dopo avere firmato anni fa la proposta di legge di iniziativa popolare contro un fenomeno da lui definito "pazzesco e allucinante", quel fenomeno, con un abile "gioco delle tre carte", ha invece lasciato sopravvivere. Ha lasciato, anzi, si alimentasse ancora una volta. Vergognosamente.
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