"Ormai abbiamo osservato che ogni quattro o cinque anni un sisma colpisce la dorsale appenninica - ha dichiarato, all' "Huffington Post", dopo il disastroso terremoto di questa notte alle 3,36, il noto geologo Mario Tozzi - eppure gli amministratori non fanno prevenzione. Il risultato è che l'Italia è arretrata come il Medio Oriente: in un Paese avanzato una scossa d imagnitudo 6 non provoca crolli e vittime... In Giappone e in California, con una scossa simile a quella di Amatrice, c'è soltanto un po' di spavento, ma nessun crollo... Insomma, siccome è ormai chiaro che dobbiamo avere a che fare con i terremoti, dovremmo costruire e fare manutenzione antisismica di tutti gli edifici pubblici e privati: è una priorità... Si fanno invece i soliti discorsi, ma poi non cambia nulla... Siamo il Paese europeo con un numero record di frane e di alluvioni, siamo un territorio sismico, eppure per chi ci governa, quando qualcosa succede, è sempre fatalità. Bisognerebbe smetterla di pensare in questo modo e cominciare a ripensare seriamente al territorio..."
Un vero atto di accusa fuori dai denti. Duro ed implacabile. Ma dal quale appare impossibile dissociarsi. E che "chi ci governa" dovrebbe comunque leggere, più che come una reprimenda, come uno sprone ad agire, finalmente, con concretezza ed urgenza. "E' un momento di dolore - ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - e di appello alla comune responsabilità". E il "premier" Renzi: "Non lasceremo nessuno da solo". Parole già sentite, sette anni fa, quando il terremoto distrusse L'Aquila. Ma in questi sette anni, com'era stato in passato, nulla è cambiato e l'Italia è sempre, lì, in balìa di frane, alluvioni e terremoti. "Chi ci governa", dunque, deve finalmente "ripensare seriamente al territorio". Che non si difende con le parole di circostanza, con la commozione di due o tre giorni, con le promesse destinate a perdersi nel nulla, con vergognosi interventi-tampone. Risolvere il grave ricorrente problema del nostro territorio è un dovere ovvio nei confronti dei vivi. Ma, anche, un atto dovuto alla memoria di quanti, fino ad oggi, sono morti. Tanti. Troppi.
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