"Il maresciallo dell'Esercito Marco Diana - in un videoappello su "Facebook" - ha chiesto disperatamente aiuto. Sono malato da sedici anni per un tumore contratto in Somalia o in Kosovo - ha scritto in sintesi - sto morendo, ma sono ancora vivo. Solo che lo Stato mi ha da tempo dichiarato ufficialmenete deceduto e non ha modificato il mio statino neppure dopo che io ho dimostrato di essere in vita. Ma perché, per lo Stato, devo essere morto per forza? Ho una certezza: perché, risultando ufficialmente deceduto, la Commissione d'inchiesta sulle morti in servizio di noi militari non può chiamarmi a testimoniare. Io sarei l'unica prova vivente, ormai, che ha tali dociumenti in mano da poter fare nomi e cognomi di chi ha causato, nelle zone di guerra, le malattie e le morti di noi soldati. Proprio per questo, appunto, insistono nel dichiararmi ufficialmente morto. Chi può, dunque, mi aiuti. Mi aiuti a far trionfarte la verità. E a farmi morire, davvero quando presto sarà, dopo avere ottenuto giustizia contro tutti quegli irresponsabili che ci hanno ucciso, già, quasi in quattrocento".
Un videoappello terribile ed inquietante. Tanto da indurre a non crederci. Ma tutto lascia presumere, considerata la densa cortina di fumo che ha sempre coperto le morti dei militari in servizio in Somalia e in Kosovo, che si tratti di una sconvolgente verità. Il che sarebbe, continuerebbe ad essere, uno scandalo senza limiti. Sia per la sua terrificante proporzione sia per il fatto che avrebbe toccato gli alti gradi delle Forze armate, i vari Ministri della Difesa, i vari Governi, i vari Parlamenti succedutisi nel tempo. Ora, però, il videoappello del maresciallo veramente vivo, ma ufficialmente morto, Marco Diana. Almeno l'attuale Ministro Pinotti farebbe bene a leggerlo. O, se per caso lo avese letto tra un passaggio in rassegna e l'altro, tra una fanfara e l'altra, farebbe bene ad occuparsene. E a dire quello che avesse da dire in un senso o nell'altro. L'Italia non può continuare ad essere il Paese dei misteri. Degli "omissis". Delle secretazioni. E del cinismo di Stato.
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