"Trecento soldati irakeni sterminati, nella base di Camp Saqlawiyah, con ordigni al cloro", "Il messaggio letto dal portavoce del cosiddetto Stato islamico, Abu Mohammed Al Adnani, con l'invito, a tutti i mujaheddin del mondo, affinché uccidano i miscredenti sia militari che civili e, se non in possesso di una bomba o di un proiettile, spaccandogli la testa con un sasso, tagliandogli la gola con un coltello, investendoli con l'auto, buttandoli giù da dove abitano, strozzandoli, avvelenandoli", "Conquisteremo la vostra Roma, faremo a pezzi le vostre Croci, ridurremo in schiavitù le vostre donne", "Ai bambini di quattro-cinque anni stiamo regalando dei bambolotti e un coltello affinché si esercitino a decapitare gli infedeli".
Sono le "ultime" di quegli jihadisti con i quali, ancora, molti vorrebbero si trattasse di fratellanza, di convivenza e di pace. Ma i quali, non avendo evidentemente la propensione al martirio, restano a predicare dal loro pulpito di casa e aspettano che sia quanlcun altro ad andare a farsi spaccare la testa con un sasso. O a farsi tagliare la gola con un coltello.
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