"Il "Comitato sui diritti dell'infanzia" creato nell'ambito dell' Onu - in un rapporto informativo - ha voluto bacchettare le politiche del Vaticano sulla drammatica questione dei preti pedofili".
L'iniziativa, però, sarebbe stata molto più giusta ove fosse stata presa prima che il Vaticano adottasse finalmente, per iniziativa degli ultimi due Papi, politiche concrete per porre fine allo scandalo. Perché, allora, soltanto adesso? E, poi, perché nulla invece da dire sui drammi che continuano ad avere come protagonisti centinaia e centinaia di migliaia di bambini in Paesi, ad eseempio, come la Thailandia (dove si calcola che circa 400 mila minori vengano indirizzati verso il turismo sessuale), la Siria (dove bimbe anche di dodici anni vengono acquistate o rapite per essere messe a disposizione dei combattenti), l'Uganda (dove almeno 25 mila, tra gli 11 e i 16 anni, vengono armati e obbligati a spararsi tra diverse fazioni)? Che la Chiesa cattolica apostolica romana debba essere giustamente costretta entro i limiti del diritto e dell'etica laica non c'è, com'è naturale, alcun dubbio. Ma perché nessuna condanna formale nei confronti di quegli Stati dove centinaia e centinaia di migliaia di minori vengono quotidianamente e brutalmente in vari modi violentati con il consenso e il favore, addirittura, delle autorità governative? Una violenza - dovrebbe essere chiaro - è sempre una violenza: sia fatta in tonaca, in divisa militare, in abiti civili.
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