"La partita di "calciotto" tra la squadra della Corte di Cassazione e la squadra delle Guardie carcerarie - ha riferito uno degli spettatori presenti ai bordi del campo del carcere minorile di Casal del Marmo - è finita in rissa con spintoni, insulti ed espulsioni da parte dell'arbitro".
Il fatto, già grave e sconcertante in sé, lo è diventato ancor più quando si è ricordato che la partita era stata presentata dal Dipartimento per la giustizia minorile - testualmente - come "un proficuo contributo alla realizzazione di una politica volta a rispondere ai bisogni educativi degli utenti attraverso (sic!) la valorizzazione di interconnessioni interne ed esterne all'organizzazione e l'implementazione di un'apertura alla comunità esterna realmente rispondente alle finalità istituzionali". Cioè - in parole normali - come un proficuo contributo all'azione di recupero dei ragazzi ristretti in carcere e di esempio dei valori presenti fuori dal carcere. Un bel proficuo contributo, dunque, non c'è che dire. Soprattutto perché offerto proprio da un'istituzione come la Corte di Cassazione e da quegli agenti che dovrebbero fare un po' da padri a giovani che hanno sbagliato. Ormai, però, in Italia accadono anche episodi come questi. E, quello che aumenta ulteriormente lo sconcerto, nientemeno che per una partitella di pallone.
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