"Federico Ghizzoni di "Unicredit" ha visto andare giù le azioni della sua banca del 58%, ma sta continuando a guadagnare più di cinque milioni l'anno - è la denuncia di "Frontis Governance" - così come Sergio Marchionne azioni "Fiat" giù del 47% e suo guadagno di cinque milioni, Giovanni Perissinotto azioni "Generali" giù del 18% e suo guadagno di oltre due milioni, Fulvio Conti azioni "Enel" giù del 15% e suo guadagno di oltre quattro milioni, Franco Bernabè azioni "Telecom Italia" giù del 15% e suo guadagno di quasi sette milioni".
Ma non si è sempre sostenuto, anche ultimamente, che i guadagni si sarebbero dovuti rapportare ai meriti e ai successi da ciascuno ottenuti? Si è sempre sostenuto, certo, anche recentemente. Ma poi, come solito, il sostenerlo è divenuto così pesante che tutto è miseramente crollato come un castello di carte. E le uniche carte a rimanere ben salde al loro posto - nelle tasche, cioè, dei disastrosi "managers" - sono state le carte degli immeritati stipendi milionari. Prosit.
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