"I magistrati avevano disposto il sequestro di un'azienda, nel piccolo paese di Giardinello, perché il presunto titolare era invece risultato un prestanome del "boss dei boss" Matteo Messina Denaro - qualcuno lo ricorderà - e l'azienda, allora, era stata presa in gestione dai vecchi 39 dipendenti che, con enormi sacrifici ed esponendosi personalmente con le banche, l'avevano trasformata in un caseificio di rinomata qualità anche all'estero".
Tutto bene, dunque? Purtroppo no. Perché l'ottimo caseificio continua a non avere indietro, dall'Agenzia delle entrate, quel credito Iva di quasi due milioni di euro con cui contava di onorare le scadenze pattuite con le banche e i pagamenti dei fornitori. E, così, ha dovuto alzare "bandiera bianca", sospendere l'attività con i vecchi 39 dipendenti a casa. Da brividi. Non solo perché lo Stato continua a non versare il dovuto, arrogantemente e cinicamente, a chi lo aspetta anche da anni per mandare avanti e salvare le proprie piccole e medie aziende. Ma anche perché continua a favorire - al di là di tanti suoi bei discorsi e di tante sue belle cerimonie - un ennesimo incredibile incremento della tesi, sciagurata quanto realistica, secondo la quale la mafia sarà pure cattiva cosa, ma dà lavoro, mentre lo Stato sarà pure ordine e legalità, ma il lavoro continua a non darlo e, se qualcuno se lo procura anche con grandi sacrifici, fa del tutto, alle volte, per levarglielo. Da brividi, sì, da brividi.
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