"Continuo a sentire in tv - mi ha borbottato, pesandomi due fettine di vitello, il macellaio del mio mercato rionale - che è la Costituzione a legittimare il finanziamento pubblico dei partiti. Ma, avendo la massima stima per chi ha sancito la Costituzione, io non ci credo. Faccio bene?"
Il macellaio del mio mercato rionale fa proprio bene. Perché il tanto invocato articolo 49, che i fautori del finanziamento pubblico dei partiti continuano ad invocare, si esprime esattamente così: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". Punto e basta. Senza il minimo accenno ad un possibile finanziamento da parte dello Stato. E senza che una possibilità del genere fosse stata neppure sfiorata, dai saggi padri costituenti, in sede di dibattito. Così come si può leggere, anche, in un prezioso volume, edito nel giugno 1987 dal Senato, nel quale è stata ricostruita la genesi delle singole norme costituzionali, dal progetto agli emendamenti e ai testi definitivi. Un volume, evidentemente, da troppi rinchiuso in chissà quale cassetto a doppia mandata. Per continuare purtroppo a gabbare - e, di conseguenza, a depredare - i cittadini. Compreso il macellaio del mio mercato rionale.
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