"Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi per associazione mafiosa e finora recluso nel carcere di Sulmona - ha preso atto il Tribunale di sorveglianza de L'Aquila - è sofferente di favismo e, quindi, ha diritto ad una nutrizione particolare".
Qual è stato, quindi, il provvedimento sancito, dopo la sua presa d'atto, dal Tribunale di sorveglianza de L' Aquila? Forse l'obbligo, nei confronti del sofferente Michele Aiello, di un vitto carcerario compatibile con il suo favismo? Ma per carità. Il provvedimento è stato quello di concedergli i domiciliari perché - secondo il Tribunale di sorveglianza de L'Aquila - soltanto un buon parente o servitore, una volta a casa, avrebbe potuto confezionargli - lui, sì, con culinaria sapienza ed attenzione - i piatti più idonei. Vuoi mettere, povero Michele Aiello, la cucina del becero carcere di Sulmona e la cucina - magari in villa - di mammà o del diplomato cuoco di famiglia? Caro Tribunale di sorveglianza de L'Aquila, dunque, come si esprimeva il comico Totò in un suo celebre film? Si esprimeva così: "Ma ci faccia il piacere, ci faccia".
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