"Il Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia - è apparso in una locandina nelle strade di Bologna - darà un suo contributo alla manifestazione antiberlusconiana "Il dittatore del bunga bunga", programmata per venerdi 10 al "Paladozza" di Bologna, presenti Antonio Di Pietro, Marco Travaglio, Antonio Cornacchione, Vauro, Dario Fo ed altri".
Nulla da eccepire, chiaramente, sulla legittimità - ancorché spennellata di becero - della manifestazione antiberlusconiana. Molto da eccepire, invece, sul contributo del Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia. Non perché questo suo contributo sarà rivolto contro l'immagine di Silvio Berlusconi: ognuno, anche se con inutile cattivo gusto, ha il sacrosanto diritto di avere le sue idee politiche. Ma perché, se di professione uno si sceglie l'imparzialità della Magistratura, non può contemporaneamente scegliersi la parzialità della Politica. Non può abbandonare la toga dell'arbitro "super partes" per scendere in campo, in più di una trasferta ormai, con la maglietta di una squadra clamorosamente sponsorizzata. E non perché sponsorizzata contro Berlusconi. Sarebbe stata la stessa azione inaccettabile, se il Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, o qualsiasi altro magistrato fossero scesi in campo con la maglietta di squadre sponsorizzate contro Bersani, Vendola, Franceschini, Fini o Casini. Senza contare, poi, il grave sgarbo nei confronti di quel Capo dello Stato il quale, più di una volta, ha saggiamente richiamato proprio i magistrati ad evitare ogni sovraesposizione mediatica ed ogni pubblico clamoroso schieramento politico. In difesa soprattutto della loro autonomia, della loro credibilità e della loro rispettabilità. Ma si sa. Il Capo dello Stato e le sue sagge parole vengono esaltati, da troppi, quando fa strumentalmente comodo. E quando non fa strumentalmente comodo, "chissenefrega". Anche da parte - inaccettabile nell'inaccettabile - di certi tocchi e di certe toghe.
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